L'Industria dell'olocausto by Norman G. Finkelstein
autore:Norman G. Finkelstein [Finkelstein, Norman G.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Olocausto
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00
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La Relazione accusa effettivamente le banche svizze[160]re di non essere state «leali e franche» sin dalle precedenti indagini sui conti inattivi del periodo dell’Olocausto. Ciò nondimeno, sembra attribuire queste mancanze più a fattori tecnici che a malafede. (51) La Relazione identifica cinquantaquattromila conti che presentano «una probabile o
possibile relazione con vittime della persecuzione nazista», ma ritiene che solamente in metà (venticinquemila) di questi casi la probabilità fosse abbastanza significativa da giustificare la pubblicazione dei nomi dei titolari dei conti. In moneta corrente, il valore stimato per diecimila di questi conti, per i quali era reperibile qualche informazione, oscilla tra i centosettanta e i duccentosessanta milioni di dollari. Stimare il valore corrente dei restanti conti si rivelò impossibile. (52) Il valore totale dei conti inattivi realmente riguardanti l’epoca dell’Olocausto sarà probabilmente molto superiore ai trentadue milioni di dollari stimati in origine dalle banche svizzere, ma sarà decisamente inferiore alla cifra oscillante tra i sette e i venti miliardi di dollari dichiarata dal Congresso Mondiale Ebraico. Nella testimonianza in seguito resa alla commissione sulle attività bancarie, Volcker osservò che il numero di banche che fossero «probabilmente o possibilmente» in relazione con vittime dell’Olocausto era «molte volte superiore a quello emerso dalle precedenti indagini degli svizzeri». Comunque, continuava: «Sottolineo le parole
“probabilmente o possibilmente” [161] in quanto, fatta eccezione per un numero relativamente esiguo di casi, dopo oltre mezzo secolo, non siamo in grado di stabilire con certezza inconfutabile una relazione tra vittime e titolari dei conti» (53).
La scoperta più esplosiva effettuata dalla commissione presieduta da Volcker non venne riportata dai media americani: oltre alla Svizzera , anc he gli Stati Uniti rientravano tra i luoghi dove gli ebrei d’Europa avevano cercato di mettere al sicuro i propri beni:
Il clima di attesa della guerra e le difficoltà economiche, insieme alla
persecuzione degli ebrei e di altre minoranze per mano dei nazisti prima e durante
la Seconda guerra mondiale, fecero sì che molte persone, e tra esse le vittime di
queste persecuzioni, spostassero i loro beni verso Paesi ritenuti in grado di fornire un rifugio sicuro (con la significativa presenza di Stati Uniti e Regno Unito) […]
In considerazione del fatto che la neutrale Svizzera confinava con Paesi dell’Asse
(o comunque occupati dalle forze dell’Asse), anche le banche svizzere e altre
società elvetiche d’intermediazione finanziaria divennero collettori di parte dei
patrimoni in cerca di un rifugio.
Un’appendice importante elenca le «destinazioni preferite» dei beni mobili appartenenti agli ebrei europei: le più ricorrenti risultarono gli Stati Uniti e la Svizzera.
[162] (In terza posizione «con molto distacco» veniva il Regno Unito.) (54)
La domanda che sorge ovvia è: che fine hanno fatto i conti inattivi dell’epoca
dell’Olocausto depositati nelle banche americane? La commissione sulle attività bancarie della Camera chiamò un esperto a testimoniare sulla questione. Seymour Rubin,
attualmente docente all’American Universìty, fu vicecapo della delegazione statunitense nei negoziati con la Svizzera dopo la Seconda guerra mondiale. Sotto gli auspici delle organizzazioni ebraiche americane, Rubin aveva anche lavorato, nel corso degli anni
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